Usini, loc. Bainzu Eras, chiesa di San Giorgio di Oleastreto, XII sec.
Nel 1447, in seguito allo scomposizione del feudo di Osilo, il sassarese Angelo Cano divenne il primo barone di Usini ed i suoi discendenti, appartenenti alle nobili famiglie Fabra e Cedrelles, si contesero a fasi alterne il dominio sui possedimenti feudali. La giurisdizione della baronia di Usini comprendeva i villaggi e i territori di Usini, Ittiri, Uri, Ossi, Tissi e Muros. Nel 1544 il barone Galzerando Cedrelles cedette la baronia di Usini (con annessi i villaggi di Usini e Tissi) a Giacomo Manca e da allora, per un lunghissimo periodo compreso tra il 1544 ed il 1839, furono i suoi discendenti ad assumere l′amministrazione del villaggio. Nel 1528 il villaggio di Tissi rimase spopolato a causa della peste che aveva sterminato l′intera popolazione. Nel 1599 e nel 1600 il barone di Usini Giacomo Manca III si adoperò per ripopolare il villaggio, facendo costruire dieci case presso la chiesa di Sant′Anastasia e poi altre venticinque che furono assegnate alle famiglie povere di Ossi che lì si stabilirono.
A partire dal 1643, la baronia di Usini venne trasformata in contea e assunse la denominazione di "contea di San Giorgio", dal nome della chiesa campestre di San Giorgio di Oleastreto (oleastretum = piccolo olivastro), edificata verosimilmente nei primi anni del XII secolo a circa 8 Km, in direzione NO, dal centro abitato di Usini, che fu per lunghi secoli di proprietà delle monache pisane di San Leonardo di Stagno e dove, ogni primo di maggio, si teneva la festa del "Santo Guerriero" a cura del feudatario, con la partecipazione delle cavallerie e dei fedeli che popolavano i villaggi di Usini e di Tissi. Ma non sempre i feudatari governarono con saggezza ed equità. Verso la fine del XVIII secolo, i pesanti tributi feudali imposti dal duca dell′Asinara e conte di San Giorgio, Antonio Manca Amat, non tardarono ad animare i propositi rivoluzionari nelle popolazioni logudoresi. Lo spirito ribelle degli usinesi si animò fieramente quando, nel marzo del 1796, venne sottoscritto il grande patto antifeudale, insieme ad altri 32 villaggi del Logudoro. Fu in quel tormentato periodo della storia della Sardegna che i contadini di Usini, stanchi dei soprusi e delle vessazioni del feudatario, si rifiutarono di pagare i balzelli feudali; durante la rivolta angioiana parteciparono all′assalto di Sassari il 28 dicembre 1795, guidati da Francesco Cilocco e da Gioachino Mundula, occupando il palazzo del duca dell′Asinara (il palazzetto d′Usini nell′ attuale Piazza Tola a Sassari); infine, seguirono fino al ponte di Tramatza l′alternos Giommaria Angioy nella sua sfortunata marcia verso Cagliari, capitale del potere statuale e politico della Sardegna di fine settecento. Verso la fine del XVIII secolo, Usini conobbe sanguinosi episodi di conflittualità interni, culminati nella tragica vicenda che ebbe come protagonista il "bandito" Francesco "Cicciu" Derosas. In età sabauda assistette alla nascita della proprietà terriera, prima con l′ "editto sulle chiudende" e poi, in seguito all′abolizione del feudalesimo, con l′assegnazione delle terre demaniali. Nella seconda metà dell′ottocento, avutosi il riscatto delle aree feudali, il territorio di Usini venne frazionato in lotti da due ettari ciascuno, che vennero assegnati ai privati mediante atto di estrazione a sorte. Venne così soppressa la forma di gestione comunitaria della terra che da secoli aveva caratterizzato l′economia agraria dell′Isola.
Oggi Usini è un comune di 4.200 abitanti, in lenta ma costante crescita. Un ordinato sistema viario consente di osservare nel suo centro storico costruzioni civili di architettura essenziale che rivelano le origini contadine dei suoi abitanti. Il paesaggio circostante presenta oliveti, carciofaie e rigogliosi vigneti, il cui prodotto è da sempre motivo di orgoglio per i viticoltori usinesi.
Nonostante la vicinanza alla città di Sassari, Usini è riuscita a conservare i suoi tratti distintivi; i suoi abitanti sono proficuamente impegnati nella valorizzazione delle tradizioni, delle pratiche e dei saperi locali. Gli attivissimi e vivaci gruppi folkloristici locali, oltre ad essere la testimonianza suggestiva dello splendore del vestiario popolare, sono allo stesso tempo la rappresentazione della specificità della musica, dei canti e delle danze tradizionali. Soprattutto negli ultimi anni, le amministrazioni comunali, la Pro Loco e le varie associazioni culturali hanno intrapreso, attraverso la realizzazione di manifestazioni popolari, un costante processo di rivalutazione delle tradizioni, delle produzioni enogastronomiche locali e di salvaguardia della loro specificità; tra questi eventi si ricordano: il "Concorso Enologico" a maggio, la sagra "Andarinos de Usini" ed il "Festival Internazionale del Folklore" ad agosto, la degustazione itinerante "Ajò a Ippuntare" a dicembre.
Significativi in questo senso sono stati anche i recenti progetti di acquisizione di strutture abitative ottocentesche, quali la "Casa Derosas" in via Roma e la "Casa Diaz" in Piazza Castello, il cui completo recupero è finalizzato all′allestimento di esposizioni etnografiche permanenti e alla creazione di un museo della civiltà contadina.
L′obiettivo è quello di esercitare una legittima tutela della propria identità, resistendo ai fenomeni di deculturazione prodotti dall′evoluzione delle dinamiche sociali e dal dilagante processo di omologazione mediatica